Al sol nominare "danza classica", il mondo intero si figura automaticamente un tutù bianco, o un body rosa confetto, o le tanto temute scarpette di gesso. E quando un ballerino o una ballerina parla in prima persona della danza classica, nessuno che non ne abbia fatto parte riesce a capire quanto effettivamente sia dura come vita. Quali sacrifici occorre fare, quali dolori occorre subire, pur di coronare il proprio sogno.
Ma noi, la conosciamo bene la verità: niente a che fare con il rosa o i fiorellini! Una disciplina durissima, severa, tradizionale, che non perdona e tesa alla perfezione, che si avvicina per alcuni e si allontana per altri. E tutti che lottano senza sosta per salire su quel tanto incantato palcoscenico.
Fino a che... udite e udite!, una coraggiosissima ballerina del Teatro alla Scala, di nome Maria Francesca Garritano, decide di sfatare questo mito frutto della deleteria ombra dell'ignoranza e di spazzar via il rosa confetto dall'immaginario collettivo.
Ecco cosa ci dice l'autrice in persona:
"Questo libro è rivolto a tutti coloro che, non essendo addetti ai lavori, percepiscono il mondo dell’arte attraverso il loro intimo sentire e che si stupiscono quando scoprono che non sempre le cose sono come sembrano. È rivolto a coloro che avranno voglia di partecipare alla mia riflessione e che, senza aspettarsi grandi rivelazioni o insegnamenti, scopriranno che un libro sulla danza può essere diverso da ciò che ci si aspetta.
È un esperienza narrata attraverso il mio punto di vista ed i ricordi. Mentre scrivevo sapevo di non essere sola e che tutti gli artisti, i musicisti, gli attori, i cantanti e i pittori, almeno una volta nella vita, hanno avuto pensieri simili ai miei. L’idea di associare delle immagini alle parole nasce dall’esigenza di comunicare quanto più possibile e in più modi possibili.
Mai avrei potuto sperare risultato migliore di quello ottenuto dalla fotografa Daniela Rende che, in sole 48 ore trascorse a contatto con i ballerini, ha colto ciò che il tempo aveva offuscato “restituendomi”, con i suoi scatti, la gioia della danza che avevo perduto. Spero che tutto questo riesca ad arrivare al lettore con l’intensità con cui io l’ho vissuto."
Una preziosa novità per le nostre amatissime librerie, dedicata non solo agli amanti della danza ma a anche a ogni artista e, più in generale, a chiunque avesse voglia di immergersi in una lettura diversa dalle altre. Un contatto che ci porge direttamente una ballerina professionista nel suo mondo, un ponte tra due visioni totalmente differenti, una finestrella che sbircia dietro le quinte.
Marry Garret è nata a Cosenza nel 1978 e intraprende lo studio della danza classica a soli tre anni, fino ad entrare a sedici anni nella prestigiosa e ambita Scuola di Balletto del Teatro alla Scala, dove si diploma dopo due anni ottenendo il massimo del punteggio e ricevendo il Premio Rotary come "Miglior allievo dell'anno".
Una giovane premessa in ascesa, determinata e appassionata, che da allora non ha smesso mai di danzare.
Fino ad oggi.
Giungono infatti voci che sia stata definitivamente licenziata dal corpo di ballo del Teatro proprio per l'aver scritto questo libro e per l'aver gridato al mondo intero con pura sincerità quale sia la verità del "favoloso" mondo della danza classica alla Scala, puntando il dito soprattutto alla tendenza all'anoressia.
«Una vera emergenza sociale», come la definisce La Stampa, e lei stessa confessa al giornale inglese The Observer che una ballerina su cinque alla Scala soffre di questa fatale malattia. Per non parlare poi delle corruzioni, delle minacce e dei compromessi che girano tra i corridoi del Teatro, come ci rivela l'autrice.
Eccovi una preziosa intervista, sempre presa dalla Stampa:
Mariafrancesca, il giorno dopo il suo licenziamento come si sente?
«Sono davvero costernata perché mi dispiace che la mia battaglia di sensibilizzazione sia stata presa come una cosa personale».
Essere senza lavoro di questi tempi, brutta storia.
«Potrei risponderle che è un bel momento?».
Rimettersi in gioco a trentatré anni: è una età critica per una ballerina?
«Oggi è un’età critica per tutti nel mondo del lavoro».
Ha pensato al suo futuro professionale?
«Ci sto pensando».
Oltre alla pagina di appoggio su Facebook ha ricevuto altri attestati di solidarietà dal mondo della danza?
«Ho ricevuto e ricevo ogni momento messaggi di solidarietà. I ballerini si esprimono in privato ma sono tantissimi, le reazioni di negazione assoluta si commentano da sole invece, perché è evidente che c’è poca predisposizione a capire il vero messaggio delle mie parole».
Alla luce di quanto è successo rifarebbe tutto quello che ha fatto?
«C’è un detto che dice: se nasci tondo non puoi morire quadrato»
Non pensa, come ha dichiarato Eleonora Abbagnato, première danseuse all’Opéra di Parigi, che sarebbe stato più opportuno fermarsi prima?
«Io parlo di un argomento che è una realtà sociale e per cui c’è gente che soffre davvero, addirittura chi muore di disturbi alimentari, non posso credere che ci sia del male nel sostenere questa battaglia con il proprio vissuto».
In autunno, insieme a altre due colleghe ha inviato una lettera al sindaco Pisapia contro la direzione del ballo per il balletto «Raimonda», non pensa che abbia pesato magri anche di più nella decisione del teatro?
«Le dimostrazioni di amore verso il teatro e la nostra arte non sono state colte e me ne rammarico. Mi scuso se i modi non sono stati consoni alla forma che questa istituzione richiede».
Non crede che la Scala abbia preferito tagliare la testa al toro piuttosto di ritrovarsi una compagnia in stato di agitazione permanente come negli anni 90?
«No comment».
Abbagnato la accusa di aver voluto farsi pubblicità, come le risponde?
«So che Eleonora è appena diventata mamma e che ha altro a cui pensare in questo momento, anzi le faccio i miei auguri sinceri».
Si opporrà per vie legali al licenziamento?
«Al momento sono i miei avvocati ad occuparsi di tutto».
«Sono davvero costernata perché mi dispiace che la mia battaglia di sensibilizzazione sia stata presa come una cosa personale».
Essere senza lavoro di questi tempi, brutta storia.
«Potrei risponderle che è un bel momento?».
Rimettersi in gioco a trentatré anni: è una età critica per una ballerina?
«Oggi è un’età critica per tutti nel mondo del lavoro».
Ha pensato al suo futuro professionale?
«Ci sto pensando».
Oltre alla pagina di appoggio su Facebook ha ricevuto altri attestati di solidarietà dal mondo della danza?
«Ho ricevuto e ricevo ogni momento messaggi di solidarietà. I ballerini si esprimono in privato ma sono tantissimi, le reazioni di negazione assoluta si commentano da sole invece, perché è evidente che c’è poca predisposizione a capire il vero messaggio delle mie parole».
Alla luce di quanto è successo rifarebbe tutto quello che ha fatto?
«C’è un detto che dice: se nasci tondo non puoi morire quadrato»
Non pensa, come ha dichiarato Eleonora Abbagnato, première danseuse all’Opéra di Parigi, che sarebbe stato più opportuno fermarsi prima?
«Io parlo di un argomento che è una realtà sociale e per cui c’è gente che soffre davvero, addirittura chi muore di disturbi alimentari, non posso credere che ci sia del male nel sostenere questa battaglia con il proprio vissuto».
In autunno, insieme a altre due colleghe ha inviato una lettera al sindaco Pisapia contro la direzione del ballo per il balletto «Raimonda», non pensa che abbia pesato magri anche di più nella decisione del teatro?
«Le dimostrazioni di amore verso il teatro e la nostra arte non sono state colte e me ne rammarico. Mi scuso se i modi non sono stati consoni alla forma che questa istituzione richiede».
Non crede che la Scala abbia preferito tagliare la testa al toro piuttosto di ritrovarsi una compagnia in stato di agitazione permanente come negli anni 90?
«No comment».
Abbagnato la accusa di aver voluto farsi pubblicità, come le risponde?
«So che Eleonora è appena diventata mamma e che ha altro a cui pensare in questo momento, anzi le faccio i miei auguri sinceri».
Si opporrà per vie legali al licenziamento?
«Al momento sono i miei avvocati ad occuparsi di tutto».
Come potrete ascoltare in questo video pubblicato su YouTube, il Teatro alla Scala ha definito il caso Garritano come una strumentalizzazione a scopo pubblicitario, quando la ballerina con costernazione ma anche decisione afferma più volte che la sua è una lotta contro l'anoressia.
In questo video potrete ascoltare il breve riassunto della vicenda trasmessa in televisione:
E in quest'altro l'intervista completa a Studio Aperto, molto esauriente su ogni contenuto che ho trattato in questo post:
E voi, cosa ne dite?
Qui potrete anche trovare i suoi contatti via Facebook:
Gruppo solidarietà a MaryGarret
MaryGarret
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MaryGarret
Fonti: Dance Village e La Stampa
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